Twitter è uno dei social network più utilizzati al mondo, dove ad oggi (2016) conta circa 320 milioni di utenti attivi. Anche in Italia è usatissimo.
Come abbiamo già visto per facebook, anche su twitter ben può essere realizzato il reato di diffamazione: i messaggi ivi “twittati” possono infatti essere letti da un numero indeterminato di utenti. Ed infatti i Giudici italiani da tempo riconoscono che il reato di diffamazione possa essere commesso online e nei vari social network, condannando il colpevole alle sanzioni penali e riconoscendo il risarcimento del danno economico in favore delle vittime.
Quando sussiste la diffamazione
In termini generali, la diffamazione sussiste quando l’offesa all’altrui reputazione è comunicata ad almeno due persone. E, per “reputazione” si intende l’onore ed il decoro di una persona nell’opinione di conoscenti e della collettività in generale.
La lesione della reputazione può sussistere anche nel caso in cui il fatto attribuito non sia illecito, quando comunque lo stesso è ritenuto come riprovevole dalla comunità in cui vive il diffamato, in base a quelli che sono i principi etici condivisi. Anche la semplice messa in pericolo dell’altrui reputazione fa scattare l’illecito.
Costituisce ad esempio offesa all’altrui reputazione l’insultare la professionalità di un soggetto, i suoi difetti fisici, riportare pubblicamente dei fatti privati ecc..
Il reato può essere commesso da chiunque e l’offesa può essere realizzata “a forma libera” e dunque nei più svariati modi: con le parole, con gli scritti ecc.. è comunque necessario che la vittima sia assente, altrimenti scatta il diverso reato dell’ingiuria.
Il delitto scatta nell’esatto momento in cui la frase viene percepita dai destinatari e, con particolare riguardo ad Internet, ciò si verifica quando gli utenti si collegano e percepiscono l’offesa.
Come opera la diffamazione su twitter
La diffamazione su twitter opera sia quando le offese sono scritte nella bacheca pubblica – vuoi con nuovi post vuoi con dei commenti o con dei “retweet” – sia quando sono proferite tramite messaggistica privata tra utenti (anche se in questo caso è più difficile scoprire l’illecito). Ad avviso degli scriventi l’illecito può scattare anche con i “retweet”, anche se in questo caso il Giudice punirà – presumibilmente – in un modo un pò più lieve chi si è limitato alla condivisone dell’altrui pensiero.
Non ogni offesa è però punita, occorrendo invece che la stessa
sia riferita ad una persona ben individuata o individuabile con certezza;
sia immessa in uno degli spazi virtuali aperti al pubblico o comunicata in privato ad almeno due persone;
sia postata con la consapevolezza e la volontà in capo al diffamante di offendere l’altrui reputazione o onore.
Le pene per chi diffama su twitter
Per quanto riguarda le pene che si applicano per chi diffama su twitter, occorre distinguere tra l’offesa postata sulla bacheca pubblica ed il messaggio scritto in privato: nel primo caso scatta la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni o, in alternativa, la multa non inferiore ad € 516 (ipotesi aggravata della diffamazione ex art. 595 co. III c.p.); nel secondo caso è invece prevista la reclusione fino ad 1 anno oppure, in alternativa, la multa fino ad € 1.032.
Oltre a queste sanzioni, il reo potrà essere condannato a pagare una somma di danaro in favore della vittima a titolo di risarcimento del danno morale, ove quest’ultima lo richieda (nello stesso processo penale o in un autonomo processo civile).
In ambito civilistico, per le richieste inferiori ad € 5.000 è competente il Giudice di Pace e, se la somma richiesta è inferiore ad € 1.000, la parte può stare in giudizio anche senza l’assistenza di un avvocato. Oltre i 5.000 è invece sempre competente il Tribunale.
Al di là di quanto richiesto, l’importo del risarcimento è sempre deciso dal Giudice con una valutazione discrezionale, valutazione che terrà conto di tutte le circostanze del caso specifico. Il Giudice potrà inoltre anche escludere che nel caso di specie si sia integrato il reato. Quindi massima libertà in tal senso da parte del giudicante.
Ancora sulla diffamazione su twitter
Colui che fa causa per richiedere il risarcimento è tenuto a provare i fatti, portando delle prove, come ad esempio l’immagine stampata con impresse le scritte diffamatorie, oppure portando dei testimoni per confermare i fatti. Se non riesce a provare le offese non otterrà nulla.
Secondo i Giudici italiani, gli unici responsabili delle scritte diffamatorie sono i relativi autori, mentre nessuna responsabilità potrà essere ascritta in capo proprietari del sito twitter o ai proprietari degli internet point.
L’azione andrà quindi svolta nei confronti del proprietario del profilo da cui è partita la contumelia, a meno che quest’ultimo non provi che altri siano entrati nel suo profilo ed abbiano scritto al suo posto le frasi offensive. In ipotesi di ingresso abusivo, la vittima provvederà presumibilmente a denunciare il fatto alle autorità competenti.
Colui che offende su twitter è punito in ogni caso e dunque anche se l’offesa abbia ad oggetto un fatto vero o noto, a meno che
l’offeso e l’offensore concordino nel deferire ad un giurì d’onore l’accertamento del fatto e questo sia poi accertato come vero;
il fatto, attribuito ad un pubblico ufficiale, sia relativo all’esercizio delle sue funzioni;
per il fatto attribuito si inizi un processo penale che si conclude con la prova della verità di esso o con la condanna del diffamato;
il querelante domandi formalmente che il giudizio si estenda all’accertamento della verità o falsità del fatto, e questo venga effettivamente riconosciuto o per esso la persona venga condannata.
Al di là di queste eccezioni, il reato opera sempre.
La competenza
Il Giudice competente è quello dove l’imputato ha il domicilio (ex art. 9 co. II c.p.p. – Cass. Pen., n. 2739/2010). Il luogo in cui è commesso il fatto va quindi individuato dove il soggetto è in grado, tramite un hardware, di collegarsi alla rete Internet (Cass. Pen. n. 31677/2015).
Qualora il sito web nel quale sia allocata la diffamazione sia registrato all’estero, la competenza spetta ugualmente al Giudice italiano quando l’offesa sia stata recepita da più fruitori in Italia.