Il termine inglese placement significa letteralmente “collocamento”, ma nel campo dell’orientamento professionale identifica in maniera più ampia tutte quelle attività volte a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro di un professionista.Consigli sul percorso formativo più adatto alle proprie ambizioni e attitudini, supporto nelle fasi di ricerca di un’occupazione e intermediazione con le aziende per la creazione di reali opportunità professionali, sono le attività principali svolte dalle istituzioni presenti all’interno degli enti di formazione sia pubblici che privati che portano il nome di Uffici Job Placement o Career Office.
I Job Placement
Questi uffici hanno il compito far seguire, o comunque facilitare, ad un periodo di istruzione in aula, un successivo momento di stage, più o meno prolungato, presso imprese che abbiano la propria presenza sullo stesso territorio.
La formula ha un suo indubbio valore perché permette di ovviare a quelli che sono i ben noti e tradizionali problemi di carenza di collegamenti fra il mondo della formazione istituzionale ed il mondo della produzione. Riuscire a fare in modo che, al termine del periodo di stage, il giovane venga assunto dall’azienda è finalità cui mira l’impegno dell’organizzazione, sia perché tale soluzione è nelle aspettative del giovane, rappresentando il naturale sbocco finale dell’intera trafila, sia perché costituisce un punto di prestigio per la stessa scuola che ha portato avanti la complessa e articolata iniziativa spendendo il proprio nome ed il proprio carisma verso ogni singolo allievo.
Il placement delle agenzie per il lavoro
Ma la funzione di intermediazione privata nel mercato del lavoro italiano, così come avviene nella maggior parte degli altri paesi comunitari, è svolto massicciamente soprattutto dalle cosiddette agenzie per il lavoro, attraverso le filiali distribuite sull’intero territorio nazionale: la funzione delle agenzie di somministrazione risponde all’esigenza primaria di trovare un punto d’incontro tra le diverse (ma complementari) esigenze delle imprese e quelle della popolazione in cerca di lavoro: la prudenza imprenditoriale nell’assumere nuovo personale, dettata dalla prospettiva di una scarsa elasticità nell’utilizzo di essa e la conseguente insufficiente risposta alle legittime aspettative dei giovani hanno dato luogo ad una soluzione attraverso la quale è concesso ai datori di avere maggiori libertà di movimenti nella scelta e nella conferma dei dipendenti e, contemporaneamente, ai giovani, di acquisire una graduale professionalizzazione e un arricchimento del proprio curriculum in vista di successivi, più importanti e definitivi incarichi.
I contratti che agevolano il placement
La normativa contenuta nel “pacchetto Biagi” e nelle modifiche successive crea poi altri e diversi strumenti legislativi di approccio “graduale” e integrato al mondo del lavoro attraverso forme contrattuali finalizzate allo scopo: dall’apprendistato, cui possono accedere i giovani per un periodo non superiore ai tre anni (ricordiamo le tre diverse figure di apprendistato: “per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione”, apprendistato “professionalizzante”, apprendistato “per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione”, secondo i contenuti di volta in volta patteggiati fra datore e lavoratore); il contratto di inserimento (nel quale sono confluiti i noti contratti di formazione e lavoro); i tirocini formativi che prendono il posto degli “stages” altrettanto noti, ma fino ad ora poco individuati giuridicamente. Senza contare la trasformazione dei cosiddetti co.co.co. in co.co.pro, che ha avuto lo scopo di eliminare la tendenza diffusa a mascherare e deregolamentare rapporti di lavoro di fatto dipendenti cui non erano assegnate le corrispettive tutele di legge.
L’ingresso in azienda, fase finale del placement
Va detto che, qualunque sia la forma di inserimento che venga messa in atto, non è mai da trascurare l’enorme importanza che riveste il primo incontro di reciprocità professionale tra nuovo-dipendente ed azienda. Dopo il precedente contatto, che le parti hanno realizzato generalmente attraverso i colloqui di selezione, il giovane arriva ora a conoscere la quotidianità della vita lavorativa ed il momento merita, da entrambe le parti, un’attenzione ed uno sforzo particolari.
L’accoglimento risponderà dunque, in genere, a precise esigenze di rapido ingresso utile nel ciclo produttivo: verranno presentate al neo-assunto le persone-chiave con le quali egli avrà a che fare nel prosieguo del suo rapporto di lavoro e gli ambienti con i quali avrà più frequenti contatti: il giovane, per parte sua, non dovrà lasciarsi sfuggire queste opportunità e avrà già modo di mettere in mostra nell’immediato la propria preparazione, il proprio intuito e la propria buona volontà.