Del ruolo istituzionale dei Promotori Finanziari abbiamo già parlato. Ricordiamo che è l’unica figura professionale autorizzata a incontrare clienti e potenziali investitori al di fuori della sede di una banca, di una Sim (Società di intermediazione mobiliare) o di una Sgr (Società di gestione del risparmio). Ricordiamo che esiste anche un codice deontologico redatto dall’Anasf (Associazione Nazionale dei promotori finanziari), dove, al punto 1 dice praticamente che i Promotori Finanziari devono porre gli interessi degli investitori al di sopra dei propri e rispettare i diritti dei risparmiatori medesimi.
Proviamo ad analizzare e comprendere come lavorano, o meglio, come sono “costretti” a lavorare i promotori finanziari.
Per iniziare è importante sapere come guadagnano e da chi viene remunerato il loro lavoro. I promotori sono legati, attraverso un contratto monomandatario di agenzia, ad una sola banca, Sim o Sgr, per cui sono impegnati a non promuovere o distribuire prodotti di altri concorrenti. Pertanto, percepiscono una remunerazione sotto forma di provvigioni di vendita sui prodotti che riescono a collocare tra gli investitori e di provvigioni di mantenimento (management fee) calcolate in percentuale sul portafoglio di risparmio gestito dei propri clienti.
Facciamo una prima osservazione per comprendere meglio come matura la loro retribuzione. I prodotti collocati non hanno lo stesso livello di provvigione, in quanto i più rischiosi per il cliente sono quelli che fanno guadagnare di più i promotori. Per esempio, se il nostro promotore ci fa sottoscrivere un fondo comune azionario piuttosto che un fondo monetario, il primo produrrà per lui provvigioni di gran lunga maggiori di quelle che avrebbe ottenuto se avessimo sottoscritto il secondo. In questo caso siamo in presenza di un evidente conflitto di interessi. Chi ci assicura che il nostro promotore non ci faccia sottoscrivere il fondo azionario perchè a lui genera provvigioni maggiori?
Altro punto importante citato nel codice deontologico è quello della regola di condotta dei promotori, in particolare della correttezza e trasparenza. Immaginiamo che il nostro promotore sia persona preparata e che conosca bene l’andamento dei mercati finanziari. In ogni caso, anche se sapesse che un prodotto finanziario della concorrenza è particolarmente interessante, non potrebbe proporcelo. Anche se la sua etica professionale fosse ineccepibile, non ci manderebbe da un promotore finanziario di un’altra banca, perchè correrebbe il rischio di perderci come clienti. Farebbe una bella figura, ma sarebbe deleterio per lui e per la sua società.
Anzi, il più delle volte succede il contrario, cioè molti promotori cercano di screditare la concorrenza, arrivando a dire che di quella banca non c’è da fidarsi, che in passato i suoi rendimenti sono stati mediocri, che il suo personale è incompetente, e quant’altro. Certo, non lo dice in modo così esplicito e diretto, ma adottando convincenti tecniche sibilline a volte studiate strategicamente.