Il problema casa è per milioni di famiglie una delle principali preoccupazioni. In costante aumento il numero delle famiglie che non riescono a sostenere i canoni d’affitto stabiliti dal mercato: sono il 2% dei nuclei familiari del nostro Paese, una quota bassa in percentuale, ma di assoluta rilevanza se si guarda alla dimensione assoluta del fenomeno.
Ne corso del convegno ‘Abitare contro l’esclusione: costi, diritti, qualità urbana’ organizzato dal Sunia,Sindacato degli inquilini, a Milano si è discusso del fenomeno e delle possibili soluzioni.
A fare richiesta per un alloggio popolare, sono stati oltre 35000 nuclei familiari nella capitale e 22000 Milano. Numeri solo di poco inferiori nelle altre 11 aree italiane a maggior tensione abitativa come Napoli, Genova, Torino.
La risposta del Governo sembra essere proprio l’housing sociale, un meccanismo privato pubblico volto alla realizzazione di una serie di alloggi da concedere in affitto a prezzi calmierati, in modo da non superare il 30% dello stipendio.
L’iniziativa se da un lato è apprezzabile, dall’alto presenta due sostanziali difetti: deve in primo luogo essere sottoposta ad attento controllo se non vuole trasformarsi in una gigantesca operazione di speculazione edilizia, con la quale privati si impadroniscono di terreni e strutture; in secondo luogo, potrebbe esser insufficiente a coprire tutte le fasce bisognose.
Antonello Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia, sostiene che quello dell’housing sociale è un meccanismo che è in grado di soddisfare non più del 20% del fabbisogno.
Per contro non abbiamo ancora visto un progetto concreto di edilizia popolare intelligente con finanziamento a totale carico dell’ente pubblico.